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martedì 5 ottobre 2010

ALTERNATIVE ALLE CURE TRADIZIONALI PER LA CURA DI TUMORI

Questa intervista non è ancora stata sottotitolata in italiano. Quella che segue è la traduzione completa dell’intervista. ATTENZIONE: negli ultimi due minuti sono state inserite alcune riprese dell’operazione effettuata sulla paziente, una documentarista americana che ha chiesto di filmare la procedura completa di rimozione del proprio tumore.


http://www.youtube.com/watch?v=4bDNx7O3b9M&feature=player_embedde

F.O.: Mi chiamo Frances Oman. mi hanno diagnosticato il cancro per la prima volta intorno al giorno di San Valentino, del 2007.

M.M.: Che tipo di cancro era, e quale fu esattamente la diagnosi?

F.O.: Era un sarcoma aggressivo ai tessuti morbidi, localizzato all’interno della mia coscia sinistra. Avevo sentito il rigonfiamento già da qualche mese, e lo avevo detto al mio medico generico, ma lui mi disse “E’ solo la sua immaginazione … alla sua età è normale che vengano rigonfiamenti, sono solo accumuli di grasso...” Ma io lo tenevo d’occhio, e mi sembrava che crescesse.

La mia osteopata, che mi stava curando l’anca, un giorno mi disse: “Vada immediatamente a fare un ultrasuono”.

Io lo feci, e il risultato non piacque a nessuno. Mi hanno mandato da uno specialista all’altro, ...


... e poi sono finita da uno dei migliori oncologi della California. Lui fece una biopsia, e fu allora che ebbi la diagnosi di sarcoma aggressivo dei tessuti morbidi. A quel punto era diventato più o meno così, era come un paio di prugne, diviso in due parti.

M.M.: A quel punto cosa ha fatto?

F.O.: Non sapevo molto del cancro, però sono una giornalista investigativa, e mi sono immediatamente buttata in rete, a fare ricerche. Ho trovato l’Istituto Gerson, e ho chiamato per poter parlare con loro. Nel frattempo il mio oncologo era così allarmato per la mia situazione che mi disse: “Deve farsi operare subito, deve venire immediatamente per l’esame preliminare, e dobbiamo procedere immediatamente con l’operazione”. Sono andata per gli esami preliminari, con una amica, e lui mi ha completamente terrorizzato. Mi ha davvero spaventato, e mi ha detto “Deve fare la chemio e la radioterapia“. Io gli ho detto che quelle cure non mi interessavano in modo particolare.

Sono tornata a casa, e ci ho dormito sopra. Lui aveva prenotato l’operazione, ma una dottoressa dell’Istituto Gerson mi ha richiamato, e la differenza fra quei due dottori è stata qualcosa di straordinario. Lei mi diceva “Come si sente? Qual’ è la situazione? Quale è la diagnosi? Quali sono i suoi valori?”. Era splendido perché, invece di propagandare una cura della quale io sapevo poco o niente, sostanzialmente mi disse: “Lei ha una scelta davanti. Il corpo è suo”. Mi ha spiegato la Gerson, e io nel frattempo avevo letto tutto quello che c’era sul loro sito, avevo visto il loro documentario, insomma mi ero preparata. Ma il contrasto fra il suo evidente impegno a farmi guarire era enorme rispetto all’altro oncologo, che sostanzialmente pensava solo a proteggersi, registrava tutto quello che mi diceva, voleva essere sicuro che tutto fosse segnato. Insomma, il mattino dopo l’ho chiamato e semplicemente gli ho detto che cancellavo l’operazione.

M.M.: Perché, esattamente, l’ha cancellata?

F.O.: A questo punto volevo approfondire di più le mie ricerche, prima di fare una scelta affrettata. Ho fatto le mie ricerche, e alla fine mi sono decisa per la terapia Gerson. Sono andata con la mia amica, ci hanno insegnato tutto quello che c’è da sapere, e lei è diventata la mia aiutante. Devo dire che con la Gerson… il tumore aveva iniziato a restringersi…

M.M.: Dopo quanto tempo ha iniziato a restringersi?

F.O.: Dopo circa tre mesi. Mi hanno assegnato una dottoressa, che mi seguisse al telefono - non l’ho mai conosciuta di persona, fino ad oggi – e praticamente lei mi ha tenuto in vita con la terapia Gerson. Il tumore continuava restringersi, ma ci metteva moltissimo tempo. E’ una terapia meravigliosa, ma quando l’ho iniziata il tumore era già molto grande… Devo dire che anche da Gerson mi suggerivano di fare l’operazione, per togliere almeno il grosso del tumore, perché era decisamente grande.

M.M.: Alla fine come è arrivata a Simoncini?

F.O.: La stessa mia dottoressa naturopata aveva visto Simoncini nell’intervista di Doug Kaufman, e mi ha suggerito di guardarla. Io l’ho fatto, ho letto tutto quello che c’era sul suo sito, ho visto tutti i video che ho trovato in rete, e alla fine mi è stato chiaro che sarebbe stato lui la persona che mi avrebbe salvato la vita.

M.M.: E cosa ha fatto, è partita direttamente per Roma?

F.O.: Ho preso il biglietto, gli ho mandato una e-mail per avvisare che arrivavo…… I miei amici e la mia famiglia mi hanno detto “Ma tu sei pazza! Sei malata, sei debole, riesci a malapena a stare in piedi, e vuoi fare le valigie e andartene da sola fino a Roma?”

Io ci sono andata, e quando sono arrivata una nuova amica, che aveva appena conosciuto Simoncini, mi ha detto: “Guarda che è una persona molto impegnata. Se vuoi essere sicura che sappia che ci sei, fatti trovare sulla porta della pensione alle tre. E così ho fatto. Mi sono presentata, siamo andati nella mia stanza, e lì ho avuto la mia prima visita. Durante questa visita lui mi ha detto: “Dobbiamo operare, e lo faremo sciacquando la zona con il bicarbonato. In seguito faremo delle infusioni nella ferita, e credo che la cosa avrà successo, anche se non posso promettere niente”.

Sono andata nella città in cui mi hanno fatto l’operazione, e poiché di lavoro produco documentari mi porto sempre dietro la telecamera, e così ho fatto in modo che l’intera operazione venisse filmata. Spero che la cosa possa tornare utili ad altri, vedendo come la soluzione al 5% di bicarbonato viene versata nella ferita, e poi risciacquata più volte, poi l’hanno ricucita, ci hanno messo dentro 100 cc. … Il chirurgo ha lasciato un piccolo catetere, nel video dell’operazione si può vedere il catetere, con dei piccoli forellini, che è stato inserito all’interno della mia ferita. Era una ferita abbastanza grossa, più o meno così.

Dopo qualche giorno di convalescenza per la ferita sono tornata a Roma, e Simoncini mi ha insegnato a fare le infusioni. Mi ha insegnato a risciacquare regolarmente la zona con una soluzione sterile di bicarbonato di sodio…

M.M.: Per quanto tempo lo ha fatto?

F.O.: Circa una settimana e mezza.

M.M.: E dopo ha continuato?

F.O.: Ho continuato per un’altra settimana, a casa. Simoncini aveva detto che quello sarebbe stato sufficiente, perchè l’operazione aveva tolto tutto quello che c’era, e che qualunque cellula - o come lui l’ha chiamata – rimasta in circolazione sarebbe stata uccisa dal bicarbonato.

Sono tornata a casa, ho chiamato il mio oncologo, e gli ho raccontato tutto quello che avevo fatto. E lui mi ha mandato una lettera nella quale sostanzialmente “mi licenziava“, mi diceva che non voleva più aver niente a che fare con me, perché non avevo fatto quello che lui mi aveva raccomandato, e mi ha avvisato che risciacquando la zona in quel modo naturalmente avrei mandato il cancro in giro per tutto il corpo, e che quindi mi restava probabilmente poco da vivere. Anche il mio medico generico mi ha licenziato, e mi ha detto che non mi avrebbe più curato per quello che avevo fatto.

M.M.: Il bicarbonato?

F.O.: Sì. Ma io sono andata avanti, ho continuato e continuo a tutt’oggi a seguire la dieta di mantenimento della Gerson.

M.M.: A parte la cura di Simoncini, lei ha fatto una qualunque altra terapia?

F.O.: Beh, ho preso cose che la gente mi diceva che mi avrebbero fatto bene, ho preso molta vitamina C, …

M.M.: No, io parlavo di terapie vere e proprie, come chemio o radioterapia…

F.O.: No, mai, assolutamente niente di tutto quello! Il dottor Simoncini mi ha detto: ”Io non posso promettere niente, perché non so mai quello che può succedere, però le dico una cosa: nella mia esperienza, secondo le mie statistiche, qualunque mio paziente che sia risultato pulito a distanza di tre mesi, che sia stato diagnosticato libero dal cancro, non ha mai avuto una ricaduta. Non è mai tornato in altre parti, e non è mai ricomparso. Naturalmente, può venirle di nuovo il cancro, ma non a causa di questo. Dopo 2 o 3 anni è possibile che magari le venga un nuovo tipo di cancro…”

Ma io da allora non ho fatto che migliorare in salute, sono diventata sempre più forte, e dopo questo periodo di tre mesi - che non vedevo l’ora che finisse - ho fatto l’esame di risonanza magnetica e la TAC, ora non ricordo tutti gli esami che ho fatto, ma non c’era più traccia di cancro da nessuna parte.

Finalmente avevo trovato, con una modifica all’assicurazione, un oncologo disposto a seguirmi. Lui era aperto di mente, ma era anche profondamente spaventato per la mia vita. In base a quello che gli avevano insegnato, infatti, lui era convinto che il cancro mi si sarebbe sparso dappertutto.

M.M.: Per capire la cronologia, questo è avvenuto quanto tempo dopo l’operazione?

F.O.: L’operazione è stata il giorno dopo il Thanksgiving, quindi il 27 novembre 2007. Tre mesi dopo, circa, sono risultata pulita, e sono andata dal nuovo dottore che era disposto a seguirmi. Lui è rimasto sorpreso, e mi ha detto: “Teniamo tutto bene sotto controllo”. Un paio di mesi dopo mi ha detto: “Sono molto preoccupato, sono sicuro che il tumore si sarà spostato prima di tutto ai polmoni, quindi voglio che lei faccia un esame ai polmoni.” Io ho fatto l’esame ai polmoni, ma tutto è risultato perfettamente a posto. Mi ha detto “Allora dev’essere andato alla testa”, e così mi ha fatto fare non ricordo se una TAC o una risonanza alla testa, ma anche lì non c’era niente. Da allora ho continuato a migliorare di salute, sono sempre più robusta e continuo a mandare gente dal dottor Simoncini. Ho cominciato un documentario e un libro, intitolati “Sconfiggere il cancro”.

M.M.: Quale commento le rimane, alla fine di tutta questa esperienza?

F.O.: È incredibile il modo in cui siamo ipnotizzati del sistema medico, siamo condizionati ad avere paura. Ho visto talmente tanti film, tanti sceneggiati, in cui ogni volta che si scopre che qualcuno ha il cancro tutti dicono “Oddìo, quello deve morire!”

Io passo ore a parlare con tantissima gente, cercando di aiutarli ad organizzarsi per andare Roma a vedere Simoncini, oppure a fare la Gerson, o qualunque altra cosa possano fare. Io passo ore infinite con loro, poi questi vanno magari un’ultima volta dall’oncologo, e questo li terrorizza dicendo che moriranno se faranno quelle cose. Questo nonostante quello che è appena successo a me.

A me semplicemente viene da piangere. Mi viene da piangere.


Intervista di Massimo Mazzucco per luogocomune.net

PER MAGGIOIINFORMAZIONI SU IL METODO SOPRA CITATO POSTO UN LINK

http://www.luogocomune.net/site/modules/sections/index.php?op=viewarticle&artid=131

mercoledì 22 settembre 2010

RICORDATE IL METODO DI BELLA....?


http://www.metododibella.org/it/mdb/home.do
( link home page metodo Di Bella )
Di Bella e il mistero dei farmaci scaduti 
Emergono molti interrogativi sulla fine prematura della sperimentazione Di Bella. Al centro dei dubbi è lo sciroppo si retinoidi (componente fondamentale della Mdb); una serie di esposti-denuncia aveva sostenuto che molti flaconi del farmaco emettevano uno strano odore di acetone e che le confezioni dello sciroppo erano state consegnate ai pazienti oltre la data di scadenza.
Il Pretore fiorentino Ubaldo Nannucci aveva ordinato al Nucleo Antisofisticazioni sanitaria dei carabinieri di verificare le accuse. E in un rapporto, datato 2 Dicembre 1998 ma rimasto segreto per oltre un anno, due marescialli dei Nas avevano scritto testualmente: "E' emerso un dato preoccupante, se non addirittura sconcertante: 1048 flaconi di soluzione ai retinoidi sono stati distribuiti a 28 dei 60 centri della sperimentazione sulla Mdb oltre il termine massimo di tre mesi di scadenza. Questo verosimilmente comporta che 1048 pazienti abbiano assunto, per un periodo oscillante fra i 20 e i 30 giorni, un farmaco potenzialmente imperfetto e non più possedente le caratteristiche terapeutiche iniziali, senza escludere che la degradazione e la scomposizione dei principi attivi possa produrre effetti collaterali gravi, specialmente in soggetti sofferenti di patologie neoplastiche. Il rapporto, spedito per conoscenza a 25 procure, così concludeva: "Ne consegue che i risultati ottenuti dalla sperimentazione siano sicuramente inattendibili e che la stessa sperimentazione debba essere quanto meno rivista". I due marescialli dei carabinieri (colpevoli di aver detto solamente la verità!) furono accusati dal magistrato di "avere sviluppato di propria iniziativa una serie di indagini alle quali non erano stati delegati, esprimendo tra l'altro apprezzamenti che non competono all'organo di polizia giudiziaria". Non solo ma furono minacciati di trasferimento ricorda a Panorama Giulio Maceratini (presidente dei senatori di Alleanza Nazionale). "Abbiamo dovuto intervenire in Parlamento per impedire ulteriori ritorsioni."
L'inchiesta sulla correttezza della sperimentazione Mdb è stata archiviata a Firenza e a Roma. Sopravvive solamente a Torino, sulla scrivania del pm Raffaele Guariniello. E ora si è aperta anche  a Modena, dove ha presentato un esposto Giovanni Giovannini, un malato di cancro arruolato nello studio osservazionale. Giovannini che, oggi afferma di stare molto meglio grazie alla Mdb ha scoperto che lo sciroppo ai retinoidi che gli veniva somministrato dall'ospedale era scaduto. " E' accaduto nel luglio 1999, quando ho subito improvvisi effetti collaterali, nausea, vomito, dissenteria. Poi il 3 agosto del 1999 l'ospedale di Modena - racconta il Giovannini - mi ha consegnato un flacone di sciroppo datato febbraio e mi è venuto un dubbio. Allora mi sono rivolto all'Istituto Superiore di Sanità per sapere quale era la scadenza del farmaco. Hanno risposto: tre mesi, oppure quattro se conservato in frigo. E' così che ho saputo di aver preso un farmaco sicuramente scaduto". Giovannini è stato contattato dal Direttore dell'Istituto di Sanità Giuseppe Benagiano, che in una lettera datata 31 agosto 1999 si è scusato con lui in questi termini: "Per le peculiari condizioni in cui si è svolta la sperimentazione, una sistematica valutazione della soluzione ai retinoidi non è stata fatta (come si fa di regola) prima di iniziare la sperimentazione" . Come mai viene sempre fatta e questa volta no? La giornalista di Reporter, Sabrina Giannini, ha appreso dalla voce del Direttore del Dipartimento di Farmacoepidemiologia dell'Istituto Superiore, Roberto Raschetti che "le prove di stabilità della soluzione ai retinoidi non sono state fatte perché implicano un procedimento molto lungo". Un oncologo dell'ospedale di Genoa, Maurizio Pianezza ha una spiegazione più grave: "Per volere dei coordinatori della sperimentazione sono stati eliminati dalla cura pazienti che potevano continuarla: malati guariti, o che accusavano effetti collaterali come la diarrea. In realtà coloro che hanno eseguito la sperimentazione non aspettavano altro che finisse. La loro curiosità scientifica era pari a zero".
Umberto Veronesi (attuale ministro della sanità e fondatore dell'Istituto Europeo di Oncologia) ha dichiarato più volte che tutto venne fatto "in maniera assolutamente corretta". Interrogato da Panorama, il ministro risponde, gentile, che non vuole più parlare del caso Di Bella.


"Così hanno truffato Di Bella"
Guariniello accusa: farmaci scaduti e dosi sballate
Il magistrato di Torino chiude l'indagine sulla sperimentazione della terapia



TORINO - La sperimentazione della cura Di Bella sarebbe viziata da gravi irregolarità. Peggio: alcuni dei 386 malati di cancro che provarono la "multiterapia" (Mdb) del medico modenese sarebbero stati usati come cavie, trattati con farmaci "guasti e imperfetti", non si sa con quali effetti sulla salute. E l'Istituto superiore di Sanità, pur sapendolo, non avrebbe avvertito 50 dei 51 ospedali d'Italia che sperimentavano i protocolli. Sono queste le conclusioni della lunga e minuzionsa indagine aperta due anni fa dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, in seguito ad alcune denunce, sulla sperimentazione nei 4 "centri di riferimento" di Torino (Molinette, San Giovanni antica sede, Mauriziano e Sant'Anna) e nei 4 della provincia (gli ospedali di Chivasso, Orbassano, Chieri e Cirè). Un'indagine che non entra nel merito dell'efficacia o meno della cura, ma si limita ad analizzare la regolarità della sperimentazione.
Quattro gli accusati, tutti dirigenti dell'Istituto superiore di sanità (Iss): Roberto Raschetti e Donato Greco, coordinatori della sperimentazione del 1998, Stefania Spila Alegiani, responsabile dei preparati galenici, ed Elena Ciranni, che curava i rapporti con i vari centri clinici. Grave l'ipotesi di reato: "somministrazione di medicinali guasti o imperfetti" (punibile, secondo l'articolo 443 del codice penale, con la reclusione fino a 3 anni). Il direttore Giuseppe Benagiano, a suo tempo indagato, è stato poi archiviato.
Nessuna responsabilità per l'ex ministro della Sanità Rosi Bindi, sentita come testimone in gran segreto, a Roma, all'inizio dell'anno. I 4 indagati hanno ricevuto l"avviso di chiusura indagini". Una sorta di preannuncio di rinvio a giudizio, che poi però non è arrivato: grazie alla legge Carotti, i difensori hanno chiesto e ottenuto dal Pg della Cassazione Nino Abbate il trasferimento dell'inchiesta a Firenze. Con la curiosa motivazione che i farmaci "incriminati" li produce l'Istituto farmacologico militare fiorentino. Inutile l'opposizione di Guariniello il quale, sentenze della Cassazione alla mano, ha ribattuto che il 443 non punisce la produzione o la detenzione, ma la somministrazione di farmaci guasti (avvenuta, appunto, a Torino).
Spetterà dunque alla Procura di Firenze - che l'anno scorso aveva già archiviato un'altra inchiesta sui protocolli Di Bella - trarre le conclusioni: rinviare a giudizio o chiedere l'archiviazione. Tutto dipenderà dall'interpretazione delle irregolarità emerse a Torino: errori in buona fede o condotte dolose? Per Guariniello, la prova del dolo sarebbe in una lettera inviata nel '98 a un ospedale romano, che chiedeva lumi sulla conservazione e la composizione delle "soluzioni ai retinoidi" previste per i protocolli 1 e 9. Nella lettera i dirigenti dell'Iss precisavano che quelle sostanze hanno una "validità" di soli 3 mesi, dopo di che "scadono" e vanno buttate. Peccato che la stessa direttiva non sia stata diramata agli altri 50 ospedali che sperimentavano la cura. E che infatti continuarono, ignari di tutto, a somministrare quelle soluzioni ampiamente scadute (addirittura vecchie di 4, 5, 9 mesi) e "deteriorate".
Non solo: un gravissimo errore tecnico avrebbe dimezzato il quantitativo di un componente, un principio attivo, fondamentale per l'efficacia di quelle soluzioni: l'"axeroftolo palmitato". In pratica, per i due protocolli, quella sperimentata non era la multiterapia Di Bella, ma una "variazione sul tema" non dichiarata. Così com'era emerso nel '98 per altri due protocolli, frettolosamente ritirati dopo che Guariniello vi aveva scoperto alcune sostanze mancanti e alcune altre (come il tamoxifen del professor Umberto Veronesi) aggiunte da una mano misteriosa. Ma quel capitolo è ancora aperto. A Torino.
Tratto da "La Repubblica" 7 settembre 2000

Ora mi chiedo quale sia il vero motivo per cui  questo metodo non sia stato testato in modo corretto,inoltre dato che non sono stati rispettati i protocolli perche non sia stata ripetuta tutta la procedura di sperimentazione?

Se vi interessano i risultati reali sul campo e quali siano i tumori curabili con questo metodo ,posto un link del Dott. Giorgio Castello

http://www.tiopoietine.info/Risdb.htm