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giovedì 23 settembre 2010

COSE DI CASA NOSTRA


Fa impressione leggere questo documento che accomuna il sindaco di Corleone, il senatore palermitano e – indirettamente – il premier sotto le mammelle dello stesso sistema politico-mafioso. Se il documento pubblicato dal Fatto Quotidiano sarà attribuito dai periti a Vito Ciancimino, come sostiene la sua famiglia, la frase "siamo figli della stessa lupa" entrerà nella storia dei rapporti tra mafia, politica e imprenditoria. A consegnarlo ai magistrati è stata Epifania Scardino, vedova di don Vito. La donna ha anche prodotto decine di fogli scritti a macchina e in parte annotati con una calligrafia che appare identica a quella di suo marito. Nelle carte il consigliori di Bernardo Provenzano ricostruisce i suoi rapporti imprenditoriali con Dell'Utri e Berlusconi e si scaglia contro i magistrati. Don Vito è furioso perché è stato condannato, mentre Marcello Dell'Utri veniva prosciolto e Silvio Berlusconi faceva carriera dopo essere stato addirittura nominato Cavaliere. Secondo il figlio di Ciancimino, Massimo, i documenti risalgono al 1989. Adesso a studiarli è la polizia Scientifica. Vito Ciancimino racconta di avere investito denaro nelle imprese di Berlusconi, assieme ad altri imprenditori poi condannati per mafia, ricavandone molti miliardi di vecchie lire. Adesso si attendono i risultati delle analisi. I pm hanno chiesto alla polizia di fare presto. Se arrivassero i riscontri il premier rischierebbe di finire di nuovo sotto inchiesta.

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